Grazie per l'apprezzamento Sig.ra Katia, buon pomeriggio
LESSINIA TERRA DI PRIMATI
- Home
- LESSINIA TERRA DI PRIMATI
LESSINIA TERRA DI PRIMATI
Non esiste un altro luogo al mondo che metta insieme, in pochi chilometri quadrati, tutta una lunga serie di unicità.
Lessinia. Non esiste un altro luogo al mondo che in pochi chilometri quadrati riesca a mettere insieme così tanti elementi di unicità. Il suo nome lo troviamo per la prima volta su di un testamento dell’800 d.C ove è riportato un terreno “in Luxino ad alpes faciendas”, nel Luxino per fare l’alpeggio. Singolare è che già all’inizio della sua storia scritta compaia quel legame imprescindibile, giunto fino ai nostri giorni, con l’alpeggio. Vi è la falsa credenza che questi monti elevati, ove si praticava la pastorizia fin dall’epoca preromana, fossero un tempo delle estese foreste. distrutte per opera dell’uomo nel corso dei secoli. Ciò non è assolutamente vero: a quelle altezze (oltre i 1500-1600 mt) il bosco non è mai arrivato. Ad essere disboscata fu la parte mediana, quella della Frizzolana per capirsi. Chi già nell’antichità risaliva dalla pianura ( un tempo pure ricoperta di foreste) lungo le oscure e profonde valli che portano a raggiungere le sommità dei monti, passava da luoghi oscuri e insidioso a spazi sicuri e luminosi. Immaginate quale fosse la sensazione! Quel luogo non poteva che chiamarsi “luogo della luce”, Luxino, Lessinia, da una radice indoeuropea Preromana che esprime il concetto di luce e di splendore. Fin dalla Preistoria la Lessinia era molto frequentata: vissero sia i Neanderthal che i Sapiens. Perché? Perché pochi territori in Italia sono così ricchi di selce: questa veniva raccolta e lavorata dalle epoche preistoriche fino al XIX secolo. Fu per decine di migliaia di anni la materia prima più importante perché consentiva di realizzare tutti gli utensili per la vita quotidiana, in particolare quelli utili per cacciare. La Lessinia fu uno dei primi “distretti preistorici artigianali” ante litteram: un luogo strategico per la vita dell’uomo di allora. Ciò è provato dall’abbondanza dei reperti trovati ovunque, anche in terre molto lontane, che furono realizzati su questi monti. Anche nella geologia la Lessinia è terra di primati. Cito solo due esempi: il Ponte di Veja e la Spluga della Preta. Il primo, con i suoi 50 metri, è il ponte naturale più alto d’Europa; il secondo è uno tra gli abissi più profondi del pianeta, ben oltre gli 800 metri! Sempre in Lessinia, lungo le valli orientali, al confine con il vicentino, vi è un altro primato: Bolca. Nessun luogo al mondo presenta una ricchezza di reperti ben conservati e variegati dell’era geologica dell’Eocene che va tra i 56 e i 33 milioni di anni fa. Quello di Bolca è il giacimento più importante al mondo per la varietà (circa 300 specie) e per il perfetto stato di conservazione dei reperti. Racchiude principalmente esemplari fossili di pesci ma si trovano anche resti di crostacei, meduse, molluschi, anellidi, insetti, foraminiferi, e piante. Vi pare poco? Non è finita. La specificità della Lessinia è data anche per essere una terra con radici culturali germaniche, impiantate su di un antico substrato reto-etrusco-celtico a poca distanza dalla città di Verona. Nella parte centro – orientale giunsero nel Medioevo delle genti germaniche, chiamate dagli Scaligeri e dalle Abbazie a colonizzare quelle terre fino ad allora rimaste poco abitate. Bisognava rifornire lana, carbone e altre importanti risorse per la vita e l’economia cittadina oltre che controllare e difendere i luoghi di confine. Nel Cinquecento questa gente fu chiamata cimbra anche se non c’entrava nulla con l’antico popolo sceso dallo Jutland e sconfitto dai romani. Giunsero, secondo un mio studio, dopo un’altra sconfitta molto più recente (forse rimasta viva nella memoria popolare e confusa con la prima): quella subita dall’Imperatore Corradino di Svevia, che scese in Italia nella seconda metà del Duecento per assecondare alle nostalgiche richieste dei filoimperiali, tra questi, gli Scaligeri. Fu tuttavia sconfitto da Carlo D’Angiò vicino a Napoli e le sue truppe, disperse, vagabondarono per il Paese. Alcune di questi soldati, nativi da differenti località attorno alle Alpi, secondo un documento degli archivi della Abbazia di Calavena, furono “amorevolmente accolti” sui nostri monti dai monaci benedettini, da sempre filoimperiali (come lo fu anche Dante stesso che prese spunti dalla Lessinia per le sue opere); in seguito furono “fatti coloni e lavoratori del monastero”, ricevendo in concessione perpetua diversi masi. La lingua cimbra, o più propriamente “Tauc” (che significa tedesca), sopravvive oggi tra pochi parlanti nativi di Giazza (Ljetzan); possiamo tuttora ammirare l’architettura di impronta gotico-germanico nelle antiche contrade sparse sull’altopiano. Le costruzioni all’inizio erano di paglia e legno; poi al posto del legno si usò la pietra: avvenne così il connubio tra lo stile architettonico gotico del nord e l’uso della pietra, un materiale tipicamente latino e mediterraneo. Anche questo è un ulteriore unicum di cui non si parla quasi mai. Con la pietra (pietra a strati di Prun o Pietra rossa o gialla) si sono costruiti tutti i più importanti monumenti della città di Verona, fin dal tempo dei Romani. Questo imprinting architettonico, insieme alla toponomastica, alla lingua e alle tradizioni culturali, fanno della Lessinia un luogo del tutto singolare che si differenzia dai territori circostanti: qui uomini, culture, nel corso dei secoli si sono incontrati e hanno fatto sintesi di saperi e conoscenze. Non scordiamoci che questa è la terra dell’arguto montanaro Bertoldo alla corte del re longobardo Alboino; è una terra che ha saputo fare sintesi tra il mondo germanico e quello latino e che conserva così tanti primati di cui nemmeno ci rendiamo conto. Tutto ciò rappresenta un grande patrimonio non solo per noi ma per l’intera umanità.
- Share
Stefano Valdegamberi
Stefano Valdegamberi, nato a Tregnago il 6 maggio 1970. Dopo il diploma di Maturità Classica, si è laureato in Economia e Commercio. È conosciuto principalmente per la sua figura di politico-amministratore in quanto già sindaco di Badia Calavena, comune ove risiede con la moglie e i tre figli e, in seguito, Assessore e Consigliere della Regione Veneto. Fin dagli anni del liceo ha sempre coltivato la passione per la storia, la linguistica e la cultura locale. Tra i suoi lavori ricordiamo “I nomi raccontano la storia” (2015), “De decimis novalibus” (2018), “Alle origini degli antichi comuni di Saline, Tavernole e Corno” (2021), “Le origini del linguaggio” (2022). È cultore della lingua cimbra, il Taucias Gareida, un tedesco medievale parlato dai suoi antenati della montagna veronese e tuttora usato da pochissimi parlanti del borgo di Giazza (Ljetzan). Il suo ultimo lavoro “Castelvero, la storia millenaria di un feudo vescovile e dei suoi abitanti”